SI SENTONO QUASI TUTTI I GIORNI NOTIZIE DI VIOLENZE SUI BAMBINI CHE FANNO STARE MALE TUTTI, DANNO UN NODO ALLO STOMACO, SPAVENTANO E RENDONO MOLTO TRISTI.
A VOLTE E’ DIFFICILE POTER PARLARE DI QUESTE ESPERIENZE PROPRIO PER QUESTI MOTIVI, PERCHE E’ DOLOROSO, ALTRE VOLTE PERCHE’ SI PREFERISCE NASCONDERE E NON DIRE NULLA, COME PER VOLERNE PRENDERE LE DISTANZE.
MA ATTENZIONE, PERCHE’ E’ PROPRIO IL TENER SEGRETO, IL NON DIRE NULLA, CHE ALIMENTA LE VIOLENZE STESSE E NON AIUTA CHI SI TROVA A SUBIRLE.
VI RACCONTO UN’ESPERIENZA VERA, I CUI DATI SONO STATI OVVIAMENTE MODIFICATI.
Gretel è una ragazzina di 12 anni. Si veste sempre in modo molto appariscente, a volte indossa un abbigliamento ai limiti della seduttività, accompagnato da un trucco evidente, che lascia intendere un forte desiderio e bisogno di essere vista.
Dopo una lunga conoscenza, che le ha permesso di sentire di potersi fidare, dice di aver conosciuto un ragazzo, di circa 22 anni, presentatole dagli amici della sua compagnia e di sentire di essersi innamorata di lui. Lo racconta in un modo che mi fa sentire quanto sia confusa rispetto alle sue emozioni e ai suoi vissuti. Sembra mostrare un forte entusiasmo ma, nello stesso tempo, “la paura e la colpa di aver fatto una cosa sbagliata”, così dice lei.
Dice che questo ragazzo le dice delle frasi e delle parole che la fanno sentire importante, diversa dalle altre ragazze, che vale qualche cosa, che è la ragazza più bella che lui abbia mai visto, così che lei crede che per lui vale tantissimo. Passano ore e serate interminabili a scriversi via chat parole affettuose e questo dura da circa 2 mesi. Gretel dice di stare veramente bene quando lo sente, non vede l’ora dei momenti vuoti, dove non deve studiare o fare nuoto, per chiacchierare con lui on-line e spesso rinuncia a trascorrere dei momenti con le migliori amiche perché deve chattare con lui.
Faticano a vedersi a causa della distanza, per cui Gretel si trova di fronte alla scelta di stare con gli amici o di fronte ad un pc. Spesso sceglie quest’ultima alternativa e sembra che, a causa di ciò, i rapporti tra lei e gli amici stiano svanendo, ma nessuno le dice nulla: le amiche non dicono nulla, poiché la capiscono e comprendono che un “fidanzato” può occupare tutto quel tempo; il gruppo di amici non dice nulla e quasi non sembra rendersi conto delle assenze dell’amica, assenze fisiche nei momenti in cui è’ a casa al pc, ma anche psichiche nei momenti in cui, fuori in paese con il gruppo, è assorta nella chat dell’Iphon; a scuola, nonostante vi sia un evidente calo nel rendimento scolastico, sembra esserci la paura di dire e di scatenare conflitti; a casa non dicono nulla poiché “è l’adolescenza”, dice Gretel riferendosi alle parole per caso sentite dalla mamma e poi perché “con il papà non posso parlare, mi sgriderebbe, non capirebbe e darebbe la colpa a me in ogni caso…sai, non gli piace come mi vesto!”, aggiunge la ragazzina.
Forse è scontato dire che Gretel ha un forte bisogno di essere vista. E lo manifesta nel modo più semplice, trasformando il suo corpo in un oggetto costruito, finto ed artificiale, che dentro sembra non avere un’anima, un’identità. Sappiamo che nel periodo dell’adolescenza e pre-adolescenza il bisogno principale, o compito evolutivo, è quello di iniziare a costruire la propria identità, attraverso un lungo cammino fatto da molti ostacoli, da salite e da discese, da momenti di regressione dove ci si sente ancora bambini, a momenti dove ci si crede grandi e responsabili e si pensa di non aver bisogno di aiuto.
Proviamo ad immaginare una ragazzina pre-adolescente che si sente qualcuno, si sente importante, solo se c’è qualcun altro, al di là di uno schermo, che glielo ricorda. Immaginiamo questa ragazzina che si sente unica e speciale solo perché ha le attenzioni di un ragazzo più grande che le fa sentire che la desidera. Immaginiamo Gretel che per sentire di esistere, di esserci, pensa di dover addobbare il suo corpo come un albero di Natale….tutti ricordano il Natale ….ma dov’è la sua autostima?! Come sta costruendo quella grande torre, che la sosterrà per tutta la vita, chiamata identità?! Sta mettendo mattone su mattone senza avere le fondamenta, costruendo una torre fragile, sensibile e, la cosa più grave, da sola!
La ragazza prosegue il suo racconto dicendomi che non si sente sicura. Perché questo ragazzo le piace molto, ma è grande e sta iniziando a proporle di vedersi ed uscire “dalle sue parti”, così dice lei. Ovvio che ciò che prova è una grande confusione emotiva e psichica: c’è il desiderio e l’adrenalina anche solo al pensare di provare ad uscire con questo ragazzo, alimentati dalla fantasia che per lui è unica e speciale e che stare con lui la farà sentire certamente così bene; ma, dall’altra parte, Gretel dice “non sono tanto sicura, se mi chiede delle cose?”, trasmettendomi tutta la paura , l’insicurezza, e la trasparenza di quei vissuti emotivi che funzionano e che le stanno dicendo “c’è qualcosa che senti che non va, fermati un attimo”.
Passa del tempo e un giorno Gretel è irrequieta, distratta, assente col pensiero. Mi cerca perché ha bisogno di parlarmi e lo dice con le lacrime agli occhi, cercando di nasconderle, forse per l’imbarazzo. Mi dice che il famoso ragazzo l’ha invitata ad un incontro, soli loro due. Dice che lei “non è riuscita a dire di no, che da una parte non vedeva l’ora di vederlo, di provare dal vivo tutte le emozioni che le ha sempre fatto magicamente provare in un mondo parallelo”, ma dall’altra sentiva qualcosa, che ha chiamato “agitazione, tremori alle gambe, un nodo allo stomaco” ma che, in un primo momento ha trascurato. Va all’appuntamento. Racconta di essere andata a mangiare un gelato e che poi hanno preso qualcosa da bere. Dice che lui era dolcissimo, le ha anche tenuto la mano. Dice che hanno fatto una passeggiata, raggiungendo poi la macchina, dove lui le ha proposto di salire e di accompagnarla a casa. Lei sale, dice che è stato veramente gentile. Vicino a casa, le propone l’alternativa: fermarsi un attimo nel parcheggio, un po’ coperto. Gretel dice di iniziare qui a sentire qualcosa che non andava bene, come una “vocina”, dice lei, che mi diceva di non accettare. Accetta la proposta. In macchina, da soli, lui si avvicina a lei e comincia a farle delle carezze. Gretel dice di avvertire i tremori, così chiamati da lei. Accoglie le carezze. Il ragazzo prosegue e la bacia. Lei accoglie il bacio, anche se non voleva, afferma. Poi lui inizia ad approcciarsi a lei in modo differente e seduttivo, che lei descrive come “non mi ascoltava neanche, mi allontanavo e lui si avvicina di più, insistendo”, facendo intendere la più completa mancanza di rispetto, ed è qui che ha pronunciato le parole “no, non voglio”, facendosi poi accompagnare realmente a casa.
Dice che si sente cattiva e quando le chiedo il perché, dice che “lui è stato così gentile e carino con lei e che lei non gli ha dato niente in cambio, che si è comportata da maleducata”. Sembra portare un senso di colpa, ma che non le appartiene, alimentato anche dalla fantasia di aver sedotto il ragazzo con il suo atteggiamento e modo di apparire provocanti. Non si parla di colpe, la responsabilità avrebbe dovuto essere del ragazzo, maggiorenne e giovane adulto, che non ha saputo rispettarla nelle sue emozioni, ma è stato molto difficile cercare di aiutarla a disinvestire se stessa dalla colpa legata al pensare di aver provocato il ragazzo con il suo modo di vestire o di porsi. C’è poi un papà che le dice proprio così, con il quale non si sente libera di parlare.
SPESSO GLI ADOLESCENTI SI SENTONO E SONO SOLI, CON LE LORO PAURE, INSICUREZZE, DUBBI. NON SANNO SCEGLIERE, HANNO BISOGNO DI UNA GUIDA CHE LI SUPPORTI MA CHE, A VOLTE, NON TROVANO. NEI SOCIAL NETWORK E’ FACILE INTESSERE RELAZIONI, TROVARE QUALCUNO CON CUI PARLARE E SFOGARSI. ALTRETTANTO FACILE E’ CADERE NELLE TRAPPOLE COME E’ SUCCESSO A GRETEL.
QUINDI, E’ FONDAMENTALE CREARE CON GLI ADOLESCENTI UNO SPAZIO DI ASCOLTO, DOVE NON SI SENTANO GIUDICATI, ACCUSATI, MA DOVE POSSANO INVECE SENTIRE DI POTERSI FIDARE, DI POTER TROVARE UN ADULTO CHE SAPPIA ASCOLTARE EMPATICAMENTE E SOSTENERE EMOTIVAMENTE. I MINORI VITTIME DI VIOLENZE HANNO BISOGNO DI ESSERE ACCOMPAGNATI AD USCIRE DAL SILENZIO, DAL TABU’, CHE SI CREA INTORNO ALLA VIOLENZA STESSA.