“Diventare” mamma o diventare papà può essere tutto sommato semplice, se pensiamo alla fisiologia dell’evento.
“Fare” la mamma e fare il papà diventa qualcosa di più complesso, che può mettere a dura prova, creare insicurezze, dubbi, paure, difficoltà.
D. Winnicott parla di “una mamma sufficientemente buona”, quindi slegata dall’idea della perfezione, dall’idea di non sbagliare mai, di fare tutto giusto, di sapere onnipotentemente tutto.
La mamma di cui parla è una figura che istintivamente entra in sintonia con il proprio bambino, per capire i suoi bisogni e cercare di soddisfarli nel migliore dei modi, come ci riesce, senza giudizio.
A volte, questo compito può essere difficile, una mamma può sentirsi incapace, colpevole per fare o non fare delle cose, impotente, sola.
La stessa riflessione, aggiungo io, si può adottare anche per i papà.
Questo succede perchè diventare genitori vuol dire entrare in una nuova fase del ciclo della vita, quella che ti mette di fronte ai genitori che hai avuto, con i quali ti sei relazionato, nelle fatiche, negli scontri, nelle difficoltà, come nelle cose buone di ogni rapporto genitore-figlio. Quando, in questa relazione, gli equilibri non sono stabili, alcune questioni sono irrisolte e ancora vive, allora, nella relazione con il proprio bambino tutto si riattiva e si confonde. Spesso si pensa di voler essere diversi dalla propria mamma o dal proprio papà, oppure si persevera nel nodo affettivo, replicando il modello relazionale disfunzionale avuto.
L’equilibrio può rimanere alternato per molto tempo, può non ristabilirsi, può incrinare la relazione tra il bambino e uno o entrambi i genitori.
In questi casi, possono quindi sorgere delle problematiche, che meritano di essere affrontate, ovvero capite, gestite, curate nel senso di accudite, prese in carico da una persona terza, che sostiene, accompagna, guida, senza giudizio, ma con empatia, comprensione, affetto, professionalità, nel diventare genitori. Un percorso che può durare per lungo tempo, a volte. In altre occasioni, quando si riesce ad apprendere un nuovo modello di relazione affettiva e si sciolgono i nodi del passato, allora gli equilibri cambiano e lo stare assieme anche.
Le difficoltà che un genitore può incontrare nel percorso di crescita con il proprio bambino dipendono anche dall’età dello stesso.
Nei primi due anni di vita può essere una difficoltà legata alla relazione, all’alimentazione, al sonno, alla regolazione delle emozioni, alle regole, ai no, al comportamento, al linguaggio e al modo di esprimersi, a come fare concretamente con tutte quelle questioni che riguardano l’accudimento in generale.
Dai 3 ai 5 anni torna, in modo differente, la questione delle regole, del rispetto, dell’educazione, dell’alimentazione, della socialità, delle prime separazioni, della relazione, dell’oppositività, delle prime scoperte della sessualità.
Dai 6 ai 10 anni, le questioni riguardano l’apprendimento, la relazione con l ‘altro, le separazioni, la dinamica tra fratelli, la giusta crescita nelle tappe di sviluppo fisico, affettivo, relazionale e comportamentale.
Nella pre-adolescenza e nell’adolescenza, le questioni riguardano il rapporto con i genitori, la giusta distanza, il gestire i conflitti, le regole, il rapporto con il proprio corpo, con il cibo, con la sessualità, la condotta, le trasgressioni, il ritiro dalla relazioni e l’investimento nel mondo dei social e dell’online.
Il confronto con altri genitori e con lo specialista può davvero essere utile in tutti questi passaggi, che riguardano la crescita del bambino, quella del genitore e quella del bambino che il genitore è stato.