Comportamenti ed emozioni nei bambini

Non so più come gestire il mio bambino!

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La mia area di specializzazione sono i bambini nella fascia 0/10 anni..

Mi piace molto lavorare con loro, essere in ascolto dei loro bisogni, aiutarli nelle loro difficoltà, comprenderli nelle loro emozioni e nei loro vissuti. Adoro quando sono in Studio e, da lontano, sento la loro vocina arrivare a riempire la sala d'attesa di emozioni.

Mi si riempie il cuore quando, nel cammino che facciamo assieme, dal malessere che portano iniziano a sentire che le cose possono cambiare, che si può stare bene, che le emozioni si possono gestire e i comportamenti si possono modificare.

Il lavoro che svolgo con i bambini  coinvolge  anche  i  genitori.  Con  i  bambini,  mentre  si  gioca  o  si  disegna,  si  entra  in   contatto  con  il  loro  mondo  interno,   le  loro  fantasie, i loro affetti,  le  loro  relazioni.  Grazie  a  questi  elementi  si  può  partire  dalla  difficoltà  portata  e  arrivare,  con  il  tempo,  ad  una  risoluzione.  Con  i  bambini  utilizzo  anche  le storie, gli  albi  illustrati, o assieme creiamo narrazioni che permettono di esprimere vissuti ed emozioni più o meno inconsci.

Con i genitori è fondamentale lavorare in squadra, quindi attraverso dei momenti separati di dialogo e confronto, in assenza di giudizio, rispetto  a  ciò  che  loro  vivono  nel  contesto  casa, utili  a  stabilire  assieme  delle  strategie  di  comportamento  da poter  adottare, per  facilitare  una  buona  evoluzione  del  lavoro  di  psicoterapia  o  di sostegno  psicologico.

Con i bambini più piccoli o nelle difficoltà di separazione, a volte, oltre a questi due momenti distinti sopra descritti, propongo, in base all'esigenza un lavoro bambino-genitore condiviso. Quindi, i momenti di colloquio con i genitori sono comunque mantenuti ma, al posto che lavorare singolarmente con il bambino in Studio, coinvolgo anche il genitore o i genitori in un lavoro di gioco, condivisione delle emozioni, espressione dei pensieri, comprensione del malessere portato e suggerimento condiviso di un comportamento maggiormente adattivo per la relazione genitore-bambino.

Le difficoltà  di  cui  generalmente mi  occupo  riguardano:image-48

  • 0/3 anni: allattamento, svezzamento e alimentazione, gestione del sonno, regolazione degli sfinteri, comprensione e gestione dei comportamenti difficili, primi distacchi per l'inserimento al nido o alla scuola dell'infanzia, regole e contenimento, espressione e gestione delle emozioni, comprensione e gestione dei comportamenti nella relazione con i pari o con altri adulti, traumi o altri eventi critici o conflitti.
  • 3/5 anni: gestione del sonno, enuresi o encopresi, alimentazione, gestione dei distacchi, regole e contenimento, espressione e gestione delle emozioni, ansia e disturbi dell'umore, comprensione e gestione dei comportamenti nella relazione con i pari o con altri adulti, la gestione dell'arrivo d'un fratellino/sorellina, traumi o altri eventi critici conflitti.
  • 6/10 anni: alimentazione, gestione dei distacchi, regole e contenimento, espressione e gestione delle emozioni, ansia e disturbi dell'umore, comprensione e gestione dei comportamenti nella relazione con i pari o con altri adulti, la gestione dell'arrivo d'un fratellino/sorellina, iperattività, difficoltà di concentrazione o scolastiche, autostima, traumi o altri eventi critici o conflitti.

In ogni caso, sono i comportamenti nuovi, "strani", non conosciuti, improvvisi, difficilmente gestibili, che mettono solitamente in allarme il genitore, il quale poi chiede un aiuto esterno professionale. Allo stesso modo, i genitori sono abilissimi, quindi una risorsa preziosa, a cogliere una differenza nello stato emotivo del proprio bambino, "qualcosa che non va" e, anche per questo motivo, desiderano un confronto. A volte, per loro è più facile osservare un comportamento che un'emozione: il comportamento è più concreto, più facilmente visibile, spaventa meno il genitore, mentre un'emozione o un vissuto sono qualcosa di astratto, che va compresa, analizzata e quindi crea maggior senso di impotenza nel genitore stesso. In entrambi i casi, il primo passo nella richiesta di aiuto che fa il genitore è qualcosa che va riconosciuto, apprezzato, valorizzato, come una presa di coscienza di una difficoltà magari lieve, che potrebbe rivelarsi più grossa, se non dovutamente vista.